Per la Cassazione, è nulla la delibera adottata a maggioranza che fa gravare sui condomini la pulizia delle scale o in alternativa da terzi incaricati pagati dagli stessi
È nulla la delibera adottata a maggioranza che, dopo aver revocato l’appalto con la ditta delle pulizie delle scale, prevede che l’attività venga svolta a turno e personalmente da ogni condomino, o in ogni caso da terzi incaricati e pagati di volta in volta dagli stessi condomini. È quanto affermato dalla Cassazione, con la recentissima ordinanza n. 29220/2018.
La vicenda
Così, i giudici di piazza Cavour hanno dato ragione ad una condomina (avvocato) che lamentava la nullità della delibera condominiale che, a seguito della revoca dell’appalto affidato a terzi per la pulizia delle scale, poneva tale incombenza a carico di tutti i condomini (favorevoli e contrari), l’obbligo di occuparsi personalmente della pulizia delle scale, ovvero, ove non intendessero sobbarcarsi di persona l’opera, facendosi sostituire da terzi ma sopportandone i costi.
La donna aveva visto accolta la propria domanda in primo grado ma in appello la corte territoriale aveva ritenuto valide le deliberazioni considerando che le stesse riguardassero solo le modalità di esecuzione delle spese di pulizia delle scale.
Da qui il ricorso in Cassazione.
Non basta la maggioranza per far pulire le scale ai condomini
Per gli Ermellini, la condomina ha ragione. Una delibera adottata a maggioranza di ripartizione degli oneri derivanti dalla manutenzione di parti comuni, “in deroga ai criteri di proporzionalità fissati dagli artt. 1123 e ss. c.c., seppur limitata alla suddivisione di un determinato affare o di una specifica gestione – ricordano, infatti, preliminarmente – va ritenuta nulla per impossibilità dell’oggetto, giacché tale statuizione, incidendo sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissata dalla legge o per contratto, eccede le attribuzioni dell’assemblea e pertanto richiede, per la propria approvazione, l’accordo unanime di tutti i condomini, quale espressione della loro autonomia negoziale”.
I giudici si soffermano, quindi, sui criteri della ripartizione della spesa per la pulizia delle scale, ricordando che, secondo l’interpretazione giurisprudenziale più recente, la stessa vada effettuata in base al criterio proporzionale dell’altezza dal suolo di ciascun piano o porzione di piano, a meno che tale crierio non venga derogato “mediante convenzione modificatrice della disciplina codicistica contenuta o nel regolamento condominiale ‘di natura contrattuale’ o in una deliberazione dell’assemblea approvata all’unanimità da tutti i condomini“.
Tuttavia, la convenzione che stabilisca un criterio di ripartizione delle spese diverso da quello legale, ricordano ancora dal Palazzaccio, per essere valida, non solo deve essere prevista espressamente, ma poiché incide sulla misura degli obblighi dei singoli partecipanti al condominio, “non può essere rimessa all’espressione della regola collegiale sintetizzata dal principio di maggioranza, ma deve comunque fondarsi su una deliberazione unanime, non limitata ai presenti all’assemblea”.
In sostanza, concludono dalla Cassazione annullando la sentenza con rinvio, “il diritto-dovere di ciascun condomino, ex art. 1118 c.c., di provvedere alla manutenzione delle cose comuni comporta certamente non solo l’obbligo di sostenere le spese, ma anche tutti gli obblighi di facere e di pati connessi alle modalità esecutive dell’attività manutentiva, rimanendo tuttavia affetta da nullità la delibera dell’assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condomini espresso in apposita convenzione, si modifichino a maggioranza i criteri legali o di regolamento contrattuale di riparto delle spese necessarie per la prestazione di servizi nell’interesse comune (quale quello di pulizia delle scale), venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso l’imposizione, come nelle specie, di un obbligo di facere, ovvero di un comportamento personale, spettante in egual misura a ciascun partecipante e tale da esaurire il contenuto dell’obbligo di contribuzione”.
Vai all’ordinanza n. 29220/2018 della VI sezione Civile della Corte di Cassazione.