La Cassazione ricorda che l’amministratore di condominio ha una legittimazione processuale passiva che non incontra limiti ed è sussistente in relazione alle diverse azioni promosse da terzi o dai singoli condomini sulle parti comuni
di Marina Crisafi – La legittimazione passiva processuale dell’amministrazione di condominio non incontra limiti. Lo ha ribadito la seconda sezione civile della Cassazione, con la recentissima ordinanza n. 22911/2018.
La vicenda
Alcuni comproprietari di uno stabile e del cortile annesso, citavano a giudizio innanzi al tribunale di Milano il condominio confinante, sostenendo che lo stesso, pur avendo solo una servitù di passaggio pedonale, aveva posizionato all’interno del cortile di proprietà bidoni dell’immondizia e rifiuti di vario genere, violando così il loro diritto di proprietà.
Il condominio si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda nonché, in via riconvenzionale, dichiararsi l’intervenuto acquisto per usucapione del diritto d’uso o del diritto di servitù a carico del cortile dei ricorrenti. Il tribunale rigettava la domanda attorea, opinando per il difetto di legittimazione passiva del condominio, e la domanda riconvenzionale del condominio.
I comproprietari proponevano appello e la Corte rigettava ambedue i gravami premettendo “che la legittimazione passiva dell’amministratore del condominio si radica in quanto oggetto di causa sia un bene annoverabile tra quelli di cui all’art. 1117 c.c.; che entro questi termini nessuna limitazione si prefigura alla legittimazione passiva dell’amministratore condominiale per qualsivoglia azione anche di natura reale promossa contro il condominio”.
Evidenziava, inoltre, che l’area cortilizia, fattispecie su cui instava la controversia, “non costituiva un bene condominiale, ma un bene di proprietà esclusiva delle attrici, sicché era da disconoscere la legittimazione passiva del condominio, tanto più che l’uso improprio del cortile era da ascrivere ai singoli condomini”.
La vicenda finiva quindi in Cassazione, innanzi alla quale, si insisteva, tra l’altro, dovesse opinarsi con riferimenti alle parti comuni, come quella di specie, per la legittimazione passiva dell’amministratore di condominio.
Cassazione: legittimazione passiva amministratore non incontra limiti
Per gli Ermellini, sul punto, i ricorrenti hanno ragione. Richiamando l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, affermano infatti che “in tema di controversie condominiali, la legittimazione dell’amministratore del condominio dal lato passivo ai sensi dell’art. 1131 c.c., comma 2, non incontra limiti e sussiste, anche in ordine all’interposizione d’ogni mezzo di gravame che si renda eventualmente necessario, in relazione ad ogni tipo d’azione, anche reale o possessoria, promossa nei confronti del condominio da terzi o da un singolo condomino (trovando ragione nell’esigenza di facilitare l’evocazione in giudizio del condominio, quale ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini) in ordine alle parti comuni dello stabile condominiale, tali dovendo estensivamente ritenersi anche quelle esterne, purché adibite all’uso comune di tutti i condomini” (cfr., tra le altre, Cass. 4.5.2005, n. 9206).
Non solo. Per altro verso, spiegano gli Ermellini, “la legittimazione passiva dell’amministratore di condominio sussiste, con riguardo ad azioni negatorie e confessorie di servitù, anche nel caso in cui sia domandata la rimozione di opere comuni o la eliminazione di ostacoli che impediscano o turbino l’esercizio della servitù medesima, non rendendosi necessaria l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei condomini” (cfr. Cass. 21.1.2004, n. 919).
Per cui il ricorso è accolto e la sentenza cassata. Parola al giudice del rinvio.
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